CONTRIBUTO
DA ENTI PUBBLICI RICEVUTI DA
UDI, Unione Donne in Italia di Ferrara
Denominazione soggetto erogante Somma incassata nel 2018 Data di incasso Casuale Regione Emilia Romagna € 23.000,00 03/12/2018 Contributi diretti per promozione Biennale Donna Comune di Ferrara € 10.000,00 15/06/2018 Contributi diretti per promozione Biennale Donna Comune di Ferrara € 10.000,00 27/07/2018 Contributi diretti per promozione Biennale Donna Rete regionale archivi UDI € 8.290,00 23/10/2018 Contributo IBCRegione Emilia Romagnaper tramite rete regionalearchivi UDI Ministero Beni e Attività Culturali € 2.498,00 18/10/2018 Contributi diretti per progetto Archivio Storico
Regione Emilia Romagna € 7.383,49 22/05/2018
Contributi diretti progetto Pari Opportunità Promozione stereotipi
#STOP AL DDL PILLON
MOBILITAZIONE IN TUTTE LE CITTÀ
SABATO 10 NOVEMBRE
in Piazza Savonarola, Ferrara
dalle ore 15,30
…la parola a cittadine e cittadini
per dire STOP al DDL Pillon!
· NO alla mediazione obbligatoria
· NO all’imposizione di tempi paritari e doppia residenza dei minori
· NO al mantenimento diretto
· NO al piano genitoriale
· NO all’introduzione del concetto di alienazione parentale
e tanto altro ancora…
APPUNTAMENTO SABATO 10 NOVEMBRE
in Piazza Savonarola dalle ore 15,30
Interpretazioni di
Milli Virgilio
Presidente Associazione nazionale ”GIUdIT-Giuriste d’Italia”
Alessandro Nascosi
Docente Diritto processuale
letture, performance creative, coro, testimonianze
UDI-CDG-CGIL-ARCILESBICA-ARCIGAY-CAM-ARCI-UIL-PD-PSI-CittadiniDelMondo
Ferrara, 2018
In occasione dell’Open Day delle istituzioni culturali promosso dalla regione
Emilia Romagna attraverso il progetto EnERgie Diffuse, l’Archivo e Biblioteca
dell’UDI di Ferrara organizza un’esposizione di bandiere storiche della pace dei
vari circoli della nostra provincia.
Ad arricchire l’iniziativa vi sarà un
allestimento con foto storiche dell’epoca rappresentanti momenti di lotta
sociale per la parità dei diritti e per la pace.
Vi aspettiamo numerose, il 13 Ottobre dalle 10.00 alle 13.00 in via Terranuova 12b Ferrara
il comunicato stampa della CGIL contro il DdL Pillon
FAMIGLIA. CGIL:
CHIEDIAMO AUDIZIONE E CI OPPONIAMO A DDL PILLON
(DIRE) Roma, 26 set. - "Ancora
nessuna risposta alla nostra richiesta di audizione urgente in Commissione
Giustizia al Senato in merito al Ddl Pillon su affido condiviso, mantenimento
diretto e bigenitorialita'". È quanto denuncia Loredana Taddei, responsabile
Politiche di genere della Cgil nazionale. "Il Ddl Pillon- sostiene la dirigente
sindacale- usa la bigenitorialita' per sovvertire alcuni principi cardini del
diritto di famiglia, che tutelano donne e figli. Per questo ha visto insorgere
anche il mondo dell'avvocatura, oltre quello delle associazioni femminili e dei
centri che si occupano di affido, di benessere dei bambini e di violenza
domestica". Taddei prosegue sottolineando che "la decisione di imporre, a
pagamento, la mediazione familiare nei casi di separazioni con minori, non solo
farebbe crescere i costi, ma soprattutto sarebbe un danno incalcolabile nei casi
di separazione a causa di violenze domestiche, poiche' si costringerebbe la
vittima a negoziare con il suo aguzzino. Cosa - specifica - in netto contrasto
con la Convenzione di Istanbul, che stabilisce che l'affidamento e la
frequentazione non debbano compromettere i diritti e la sicurezza della vittima
e dei bambini, che diverranno invece sempre piu' oggetto di contesa". Tale
previsione del Ddl "rendera' per molte donne impraticabile la richiesta di
separazione, anche perche' nel testo donne e uomini vengono equiparati: il che
e' paradossale in un Paese come il nostro, dove la forbice economica,
occupazionale e di reddito si allarga sempre di piu' a netto sfavore delle
prime". "La Cgil - aggiunge in conclusione Taddei - si opporra' con forza a
questo disegno di legge, e sara' presente in tutte le iniziative che le
associazioni femminili e femministe realizzeranno nelle prossime settimane nel
Paese".
Dichiarazione L. L. Sabbadini CONTRO DDLPillon
La separazione tra due coniugi è sempre un momento critico, per lui, per lei, per i figli, specie se sono piccoli. Spesso la separazione è più critica per lei perché è una conseguenza alla violenza da parte del partner. Infatti il 51% dei separati ha subito violenza da parte del partner secondo l’ISTAT. È una materia delicata e non si può intervenire con l’accetta su queste questioni come fa il decreto Pillon.
Sono circa 70.000 mila le separazioni in un anno, non sono poche! Sono 66.000 i minori coinvolti ogni anno . Nel 71% dei casi viene dato un assegno di mantenimento dei figli di solito alla madre che solitamente vive con i figli e l’assegno medio di € 477 al mese. Purtroppo il disegno di legge ci riporta indietro di molto, più di cinquant’anni e non mette al centro il benessere del bambino.
Se passa il DDL il bambino sarà diviso a metà per legge, padre e madre dovranno farsene carico almeno 12 giorni al mese ciascuno. I bambini avranno due domicili, il coniuge che rimarrà nella casa di proprietà dell’altro dovrà pagare l’affitto e i due coniugi saranno costretti a pagarsi la mediazione familiare, altrimenti non potranno separarsi.
L’assegno di mantenimento dei figli verrà abolito e ognuno contribuirà per conto suo, ma non è finita qui. Nel caso in cui il bambino si rifiutasse di vedere il padre la responsabilità sarebbe della madre, anche se non ci sono elementi oggettivi di colpevolezza, dice la legge e cosi viceversa. Tra le coppie con figli dove la donna subisce violenza dal partner, il 64% di bambini assiste alla violenza. È normale che un bambino possa rifiutarsi di vedere il padre se lo ha visto picchiare la madre. E allora perché incolpare la madre?
Le conseguenze di questo disegno di legge sono molto gravi è una vendetta, una vendetta contro chi si separa. Il bambino non è un pacco postale, se qualcuno deve vagare da una casa all’altra devono essere i genitori e non il bambino.
Va mantenuto l’assegno di mantenimento altrimenti il bimbo starà meglio da un genitore e peggio dall’altro, solitamente le donne che hanno minori disponibilità economiche. La mediazione familiare non può assolutamente essere obbligatoria.
Dobbiamo unirci tutti per rigettare questo disegno di legge. Ogni separazione è storia a se e inaccettabile che tutti debbano essere obbligati a sposare o a seguire una ideologia precisa.
Siamo liberi e libere delle nostre scelte e vogliamo rimanerlo!
Linda Laura Sabbadini
(25 settembre, Radio popolare)
Il calendario UDI 2019: Sulle strade di Ipazia. Donne, scienza, futuro.
Dodici mesi alla scoperta delle donne che stanno contribuendo a costruire il futuro.
Un “viaggio nel futuro” con scienziate italiane viventi, anche giovanissime, eredi di un passato che ha tenuto spalancate le porte della ricerca italiana ed internazionale senza timore di competizioni verso l’altro sesso e al di là di ogni difficoltà presente nel nostro Paese.
Soccorrere non è un crimine.
Ventiquattro femminicidi da inizio 2018. Associazioni e sindacati chiedono: “Il Governo renda immediatamente operativo il Piano strategico per la lotta alla violenza maschile sulle donne”.
Roma, 23 mar - Ventiquattro donne uccise vittime di femminicidio dall’inizio del 2018, quella che nel nostro Paese si configura come una vera e propria mattanza prosegue al ritmo di una donna ammazzata ogni 24 ore nelle ultime settimane.
Lo scorso 25 novembre i giornali titolavano Via libera al Piano antiviolenza.
A distanza di 4 mesi, con un femminicidio ogni due giorni quel Piano, frutto di un lungo confronto tra società civile, varie associazioni di donne, sindacati, ministeri e istituzioni, e che porta con sé la novità di un intervento finalmente strutturale sul tema, non è però ancora operativo.
Il Piano strategico per la lotta alla violenza maschile sulle donne adottato dal Governo per il triennio 2017 2020, approvato in Conferenza Stato-Regioni e finanziato nella legge di stabilità, a tutt'oggi non decolla.
Al Governo e al Parlamento chiediamo dunque di renderlo immediatamente operativo, predisponendo le risorse economiche dedicate e rendendole immediatamente esigibili per la sua attuazione. Perché in una situazione drammatica come quella italiana, dove molto si dice e poco si riesce a fare per contrastare concretamente la disparità di potere tra uomini e donne, alla radice del fenomeno della violenza, attendere ulteriormente è un fatto gravissimo.
Lo Stato italiano, inoltre, che ha ratificato la Convenzione di Istanbul, ha l'obbligo di rendere operativo il Piano strategico e di muoversi con la dovuta diligenza da parte di tutte le strutture istituzionali coinvolte nel Piano stesso. Le donne non devono ancora subire violenze in attesa che tutti facciano quando dovuto prescritto dal piano e che le azioni discusse e condivise trovino attuazione.
Cgil, Cisl, Uil, UDI Nazionale, Pangea, Rete per la Parità
L'UDI ALLA CEDU AL FIANCO DIANTONELLA PENATI
Per la prima volta l'UDI ha chiesto alla Cedu -CorteEuropea dei Diritti dell'Uomo- di intervenire come terzo a sostegno del ricorsodi Antonella Penati presentato contro lo Stato Italiano, per non aver tutelato il diritto alla vita del proprio figlio Federico Barakat ucciso dal padre.
La Penati, infatti, aveva più volte denunciato la violenza e pericolosità dell’uomo, culminata nell'omicidio del figlio di soli otto anni, avvenuto durante un incontro protetto presso i servizi sociali il 25 febbraio 2009. In questo caso, sul diritto alla vita del bambino ha prevalso il diritto alla genitorialità di un padre violento.
Il nostro intervento, si basa sulla profonda convinzione che "tragedie annunciate" come questa, o come quella del recentissimo caso di Cisterna di Latina, siano tali anche a causa dell'inadempienza di uno Stato troppo lento e troppo superficiale nel gestire situazioni di pericolo e di emergenza delle donne e dei loro figli, vittime di violenza domestica.
Ci auguriamo, pertanto, che la nostra partecipazione al processo instaurato innanzi alla Corte Europea possa essere utile a perorare la causa della madre del piccolo Federico, e che anche in questo caso la CEDU riconosca l'inefficienza dello Stato italiano nell’affrontarela violenza maschile contro le donne, contribuendo dunque a realizzare gli auspicati interventi di tutte le istituzioni statali più volte richiesti nelle piazze e nelle sedi istituzionali in cui ci siamo espresse, in osservanza della Convenzione di Istanbul.
PARTECIPAZIONE A PARIGI DELLE RAPPRESENTANTI DELL’UDI E DELLA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE
Il 15 e il 16 marzo, a Parigi, si è tenuta la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sulle violazioni di diritti umani e crimini di guerra operati dalla Turchia nei confronti del popolo kurdo.
La sessione ha visto la partecipazione di numerose delegazioni da tutto il mondo, con la presenza di avvocati, giornalisti, accademici e scrittori, che hanno ascoltato dalla platea del Centro du Travaille numerose deposizioni di civili, vittime delle violenze condotte dal Governo Turco negli ultimi due anni nel sud est della Turchia, in Kurdistan.
Durante queste due giornate di lavori, sono stati sentiti i cittadini di Sur, Diyarbakir, Sirnak, Cizre, che hanno raccontato i crimini, le violenze e i soprusi subiti dal 2014 a seguito dei bombardamenti e delle operazioni di polizia effettuate dal governo turco.
Hanno raccontato delle uccisioni dei loro famigliari avvenute durante le incursioni di Polizia, dei raid che non hanno dato scampo neanche a chi si è rifugiato nei sotterranei delle cantine delle città: uno scenario di dolore e di violenza si è mostrato alle centinaia di persone chiamate a partecipare in veste di osservatori internazionali, accorsi da tutto il mondo e che hanno assistito alle deposizioni delle vittime civili, dei giornalisti, degli avvocati dinanzi la Giuria del Tribunale.La sessione si è data appuntamento tra due mesi a Brussels, dove leggerà la sentenza che, se pure di opinione, avrà le caratteristiche di una condanna certamente esecrabile delle violazioni dei diritti umani emerse dal lavoro svolto dall’accusa, diretta dallo studio del noto avvocato Belga Ian Fermont.
I/le partecipanti hanno sottoscritto un appello comune contro i bombardamenti effettuati in questi giorni dal dittatore Erdogan che colpisce la città di Afrin, in Siria, colpevole di aver dato rifugio a centinaia di migliaia di profughi civili fuggiti dagli assedi dell’Isis ed oggi vittime della violenza delle armi turche.
UDI-Unione Donne in Italia
;)
A MarielleFranco
APPELLO URGENTE PER AFRIN – Fermare questa invasione è diventata una responsabilità storica.
Proprio adesso centinaia di migliaia di civili ad Afrin si trovano sotto i pesanti bombardamenti dei jet turchi.La Turchia continua il massacro di Afrin ignorando la risoluzione ONU per il cessate-il-fuoco.Fermiamo il genocidio e la pulizia etnica dell’esercito turco ad AfrinIl popolo curdo ad Afrin è oggetto di genocidio e pulizia etnica da parte dell’esercito turco, con il supporto di gruppi jihadisti come al-Qaeda, al-Nusra e ciò che resta dell’ISIS.Questa invasione e questo attacco genocida sono stati portati avanti di fronte agli occhi dell’umanità. Una città ora è sul punto di essere distrutta dal secondo esercito più grande della NATO che è dotato delle armi più sofisticate prodotte da diversi paesi. Questo attacco viene legittimato diffondendo un discorso propagandistico come se eserciti di due grandi Stati stessero combattendo l’uno contro l’altro. Quelle potenze, tra cui i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che forniscono armi alla Turchia sono complici di questo crimine.
Ad Afrin comincia l’iniziativa degli scudi umani La popolazione della città di Afrin si rifiuta di abbandonare le proprie case e giura di resistere all’invasione. Nel momento in cui l’esercito turco insieme con le sue bande si è avvicinato nel raggio di 1 km al centro della città, i civili si sono mobilitati contro gli attacchi, Diversi convogli di veicoli sono stati organizzati dagli abitanti e gli attivisti hanno fatto il giro della città per esortare tutti a unirsi allo di scudo umano. Durante i 52 giorni degli attacchi l’esercito invasore ha ucciso più di 290 civili.
Chiediamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenireper fermare l’invasione turca di Afrin.
E inoltre:
• Facciamo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché si batta in difesa dellaRisoluzione 2401, per non lasciare che il regime turco venga meno alle responsabilità per le proprieazioni nella regione di Afrin, Siria• Esortiamo la comunità internazionale a mettere in atto il cessate-il-fuoco del Consiglio di Sicurezza ONU e a garantire la consegna di aiuti umanitari e sanitari per coloro che ne hannodisperato bisogno, ad Afrin e Ghouta.
• Sottolineiamo il bisogno urgente dell’implementazione di una zona di non sorvolo sulla regione di
Afrin per preservare vite e abitazioni civili, infrastrutture civili, monumenti significativi e siti dirilevanza culturale. Invitiamo la comunità internazionale ad aiutare la messa in atto della no-fly zone con truppe di pace e delegazioni di osservatori.
Ufficio Informazione del Kurdistan in ItaliaUIKI Onlus
Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia
Tel. : +39 06 64 87 11 76
Web : www.uikionlus.comFacebook : UIKIOnlusTwitter : @UIKIOnlus
Inviamo il link dell’appello da firmare e da diffondere.
https://www.change.org/p/virginia-raggi-una-casa-per-tutte
Molte
nostre amiche hanno voluto sostenerci con un appello, che noi, Casa
Internazionale delle Donne, raccogliamo invitando tutte e tutti
a sottoscriverlo per sventare definitivamente il rischio che la Casa resti
senza casa. Grazie amiche!
"La Casa Internazionale delle donne di
Roma non è al sicuro. Un luogo storico, il riferimento di oltre 30.000 donne
che la visitano ogni anno e delle numerose associazioni che la fanno vivere,
il punto di incontro, confronto culturale e politico, di crescita personale
e professionale, l’archivio del femminismo, la sede di tante
battaglie delle donne contro discriminazioni e violenze, è a
rischio.
Ancora pende il rischio dello sfratto. Ancora si avanza, da parte
del Comune, la richiesta di un arretrato di oltre 800.000 euro. Eppure,
le donne che la animano hanno spiegato a noi, agli
interlocutori istituzionali e a tutte/i coloro che hanno a cuore la sua
esistenza,
che la Casa ha pagato per tutti i 15 anni di gestione, buona parte
del canone e ha sostenuto gli ingenti costi di manutenzione di cui
uno stabile storico, quale è il complesso del Buon Pastore (un palazzo
del 1660), necessita. Il tutto senza contributi e finanziamenti pubblici,
solo con
l’autofinanziamento, rendendo così fruibile per la città
questo splendido luogo: aperto, frequentabile, pieno tutti i giorni
di attività e di servizi a disposizione delle donne, in particolare
di quelle con minori possibilità. Sappiamo che la trattativa con il Comune
è in corso, ma ci sembra troppo lenta e difficile. Gli amministratori del
Campidoglio dicono che vogliono valorizzare la Casa, che la considerano un
valore per la città.
Noi ci crediamo. Perché non dovremmo?
Sarebbe del
tutto paradossale, che la prima sindaca donna della Capitale voglia passare
alla storia per aver chiuso la Casa internazionale delle donne.
Ci
sentiamo in dovere di parlare perché “la Casa siamo tutte”. Noi
la frequentiamo, vediamo quanta passione, quanto lavoro, quanta
fatica richiede ogni giorno quel luogo per restare aperto e disponibile.
Vorremmo un gesto di responsabilità e di generosità. Vorremmo
che alle parole seguissero i fatti. La Casa, le associazioni e le
tantissime donne che la abitano e la rendono fruibile devono essere messe
in sicurezza, devono poter continuare ad agire e progettare il futuro.
Per
ottenere questo risultato, basterebbe applicare le leggi che consentono di
concedere alla Casa Internazionale un canone gratuito, mettere a valore il
ruolo sociale e culturale che la Casa svolge,
riconoscere il pregio
dell’opera di manutenzione e salvaguardia di un bene culturale della città e
il prezioso contributo dei servizi che alla Casa le donne trovano e quindi
anche ristrutturare il debito, a
partire dal riconoscimento della sua reale
entità.
La Casa rappresenta anche un pezzetto della nostra storia,
del presente e del futuro nostri e della città. E’ uno dei simboli
delle battaglie e delle vittorie delle donne e ci aiuta, con
l’impegno
quotidiano che vi si svolge, a costruire scelte, passi che restano
da compiere per superare discriminazioni e diseguaglianze.
La casa siamo
tutte. Tutte, anche Virginia Raggi."
Ambra Angiolini, Lucia Annunziata,
Asia Argento, Silvia Avallone,
Elisabetta Addis, Sonia Bianchini, Laura
Bispuri, Alessandra
Bocchetti, Caterina Bonvicini, Tatiana Campioni,
Valentina,
Carnelutti, Stefania Casini, Carlotta Cerquetti, Teresa
Ciabatti,
Gigliola Cinquetti, Chiara Civello, Francesca Comencini, Lella
Costa,
Maria Rosa Cutrufelli, Francesca D’Aloja, Serena Dandini, Piera
Degli
Esposti, Marica Di Pierri, Ginevra Elkann, Alessandra Ferri,
Iaia
Forte, Ilaria Fraioli, Elena Giannini Belotti, Chiara Gamberale,
Maria
Grazia Giammarinaro, Emanuela Giordano, Valeria Golino, Laura
Greco,
Glauca Leoni, Loredana Lipperini, Viola Lo Moro, Sarah Di Nella,
Ria
Lussi, Simonetta Lux, Barbara Leda Kenny, Francesca Mancini,
Dacia
Maraini, Francesca Marciano, Giovanna Mezzogiorno, Rossella
Milone,
Michela Murgia, Olivia Musini, Silvia Neonato, Roberta
Nicolai,
Eleonora Paglini, Laura Paolucci, Valeria Parrella, Rita
Pelusio,
Marinella Perroni, Cristina Petrucci, Barbara Piccolo,
Renata
Rampazzi, Norma Rangeri, Alba Rohrwacher, Sara Ronchi,
Evelina
Santangelo, Alessandra Sarchi, Bia Sarasini, Luisella Seveso,
Grazia
Scuccimarra, Tosca, Tiziana Triana, Jasmine Trinca, Chiara
Valentini,
Chiara Valerio, Maddalena Vianello
Per info: lacasasiamotutte@gmail.com
Dopo la relazione ministeriale relativa al 2016 legge 194 e consultori
A
chiunque sarà il/ la prossimo/a
ministra della salute vorremmo ri-presentare,
nel senso che tante volte sono state poste, alcune questioni per noi
irrinunciabili e chiedere serie verifiche e cambiamenti rispetto alla annuale
(ormai biennale per continui ritardi) relazione sulla legge 194. Verifiche in
merito a criteri di raccolta dati, quindi verifiche sulla veridicità e
credibilità degli stessi, infine cambiamenti rispetto alle scelte e politiche
conseguenti.
Condividiamo
in pieno quanto scrive AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e
Aborto) a commento della tardiva (dieci mesi di ritardo) e quasi clandestina
relazione ministeriale sull'attuazione della legge 194, relativa all'anno 2016.
In
particolare è da sottolineare il fatto
che, seppur con vari distinguo, si riconosce che la diminuzione del numero delle
interruzioni di gravidanza, al di sotto delle 100.000 per il terzo anno consecutivo, potrebbe essere in parte
riconducibile all'eliminazione della prescrizione medica per la contraccezione d’emergenza. E dunque
ci chiediamo noi, come si chiede AMICA, che cosa si aspetta ad eliminarla anche
per le ragazze minorenni e distribuirla gratuitamente nei consultori pubblici e
nei poliambulatori?
Ma,
aggiungiamo, se così è, come e perché e
per quanto tempo ancora la contraccezione di emergenza può essere oggetto di
restrizioni e gravi limitazioni, dovute
in molti casi ad obiezioni di medici e farmacisti, obiezioni del tutto fuori
legge? Quando finirà questa illegalità
diffusa sulla pelle delle donne?
Se
dunque si riconosce, finalmente, l’importanza di una cultura contraccettiva sia
per prevenire il ricorso all'aborto che per vivere una sessualità consapevole,
è evidente che contemporaneamente va
fortemente richiesto che la contraccezione, attualmente a pagamento, venga
riconsiderata tra le prescrizioni gratuite del servizio sanitario nazionale. O
salute e libertà femminile non sono obiettivi primari?
Sui
consultori e il loro numero, poi, le finzioni ministeriali mostrano tutta la
loro nocività. I numeri dati dalla relazione
ministeriale, 0,6 consultori ogni 20.000
abitanti (mentre dovrebbero essere 1
ogni 20.000 abitanti) mostrerebbero una
situazione solo scarsamente critica.
Peccato che di questi consultori, a detta proprio della relazione, molti sono dedicati all'età evolutiva o hanno solo alcuni servizi e non altri, ad
esempio non trattano l’IVG. Infine grave è la riduzione di orario e di
personale dedicato e competente.
Eppure
la legge 194 prevede proprio i servizi consultoriali come strutture privilegiate sia per la prevenzione
che per l’applicazione della legge. Una
lettura onesta di tutto ciò dovrebbe portare a percepire quali e quante
criticità vi sono attorno ai consultori
e alla legge 194, dove alcuni luoghi e regioni cosiddette virtuose (in realtà
con obiezioni comunque attorno al 50% e chi si accontenta gode) sono solo meno
inadempienti di altre.
E’
il dato nazionale dell’applicazione della legge 194 rispetto all'obiezione (sette su dieci, con una percentuale nazionale media del 70%, ma con punte in
certe regione di oltre il 90% che comporta anche il 100% in molte strutture) e lo svuotamento progressivo
dei consultori che dà il segno del piano inclinato su cui ci troviamo. Un piano
inclinato che porta all'inapplicabilità progressiva della legge 194, dunque ad
una revisione privatistica del diritto all'interruzione di gravidanza, quando
non ad una sostanziale messa in discussione.
L’ineffabile ormai ex ministra Lorenzin
dovrebbe chiedersi che cosa è un consultorio, quali sono i servizi che deve
contenere e dunque quali équipes in esso debbono inequivocabilmente esservi.
Solo dopo può rifare i conti e dirci in realtà quanti sono i consultori, sul
territorio nazionale, regioni “virtuose” comprese. Sempre meno, sempre più
sotto organico, perché quasi mai chi va in pensione viene sostituito.
Sull'obiezione di coscienza , infine, la relazione ministeriale mostra il suo vero volto, il
volto di chi da più di quarantanni boicotta questa legge che le donne hanno
ottenuto. E allora via con giravolte
numeriche, messe in atto solo per nascondere la realtà.
Gli aborti calano, le obiezioni crescono e ,
udite udite, calano mediamente anche i tempi di attesa. Non viene in mente che, come denuncia AMICA,
la facilità con cui si possono reperire farmaci abortivi anche online, e la relativa “sicurezza” degli stessi,
contribuisce a far slittare molte interruzioni nell’area della clandestinità.
Ma è una sconfitta, è una non applicazione della legge che intendeva anche
responsabilizzare la società tutta. UDI
non ha mai chiesto aborto libero, fatto in casa, solo depenalizzato o altro, ha
chiesto una legge dello stato, ha chiesto che se ne facesse carico il servizio sanitario
nazionale. Ha chiesto che anche psicologicamente e culturalmente l’aborto
uscisse dalla clandestinità e venisse
affrontato per quello che è. Solo così
si può sperare di prevenirlo, diffondendo una cultura diversa dei rapporti uomo
donna e allargando le conoscenze e le informazioni e gli accessi alla contraccezione per giovani, meno giovani,per italiane e straniere.
NON
POSSIAMO DARLA VINTA A CHI proteggendo e praticando l’obiezione selvaggia,
ricaccia l’aborto nel privato, nella clandestinità, nel non detto. E riducendo via via il peso specifico e il
numero dei consultori priva di fatto le donne, soprattutto se in difficoltà
economica, di presidi fondamentali della loro salute. Comprese le donne immigrate
Perché
la 194 sia applicata veramente UDI ribadisce la sua richiesta di una legge
nazionale di regolamentazione dell’obiezione di coscienza: tetto massimo di
obiettori per struttura; consultabilità degli elenchi dei medici obiettori, per
la scelta del medico di base, funzioni
apicali e di dirigenza solo a non obiettori, penalizzazioni in denaro o in ore
di lavoro per chi si dichiara obiettore alla legge 194. Riconoscimenti per chi
applica con onestà una legge dello stato! Per come sono andate le cose fino a
qui, sembrano richieste “estreme”, in realtà sono il minimo in un paese civile.
Quando
mai chi obietta ad una legge dello stato ha funzioni di responsabilità e di
dirigenza proprio in relazione alla legge stessa? Avete mai visto un colonello, o anche solo un
ministro alla difesa obiettore rispetto all’uso delle armi? Perché alle donne
si può fare di tutto?
ADESSO
BASTA! lo abbiamo detto e ripetuto. L’obiezione
di coscienza è uno strumento pensato per difendere i diritti di minoranze
rispetto ad una maggioranza. Non può essere il contrario.
Un
numero di obiettori che raggiunge anche
punte oltre il 90% in tanta parte d’Italia, lo svuotamento dei consultori,
le vacue relazioni ministeriali che non sanno
fare due più due uguale a quattro,
sono uno scenario che non vogliamo più vedere.
A tutti i livelli chiediamo una svolta
8 marzo 2018DA DONNA A DONNA, DI DONNA IN DONNADa più di cento anni l’8 marzo è un appuntamento di lotta per ottenere diritti, per affermare diritti.Di generazione in generazione sempre più donne si passano una testimonianza di responsabilità verso se stesse inventando nuove parole, nuovi percorsi, nuovi orizzonti, portando avanti la lotta per la libertà di scegliere, scoprire, decidere, essere, vivere.Dalla nostra storia continuiamo a testimoniare l’antifascismo e l’impegno per la libertà e la democrazia che le donne italiane hanno conquistato passo dopo passo cominciando dalla Costituzione repubblicana.Vogliamo affermare la libertà di attraversare ogni confine per il diritto alla vita e alla dignità e il diritto di abitare in pace.Contro le azioni e le mistificazioni che di ogni spazio fanno mercato e di ogni persona merce, oggi molte donne sentono che incrociare le braccia può essere un modo per sovvertire il mondo.Noi speriamo di arrivare un giorno a realizzare lo sciopero globale delle donne dal lavoro produttivo e riproduttivo, uno sciopero che assumendo lo strumentostoricamente contrattato dentro i diritti sindacali del lavoro dipendente, lo trasforma in un gesto di sottrazione che rende visibili tutti i lavori invisibili e sfruttati in cui sono ancora confinate moltissime donne.Un gesto che oggi possiamo esprimere in molti modi, scegliendo quando come e dove manifestare insieme, quali scelte individuali e quali scelte collettive possiamo praticare perché sostenibili dalle nostre vite.Sappiamo che i lavori della riproduzione, nella manutenzione delle case e di ogni ambiente, nell'assistenza, cura, educazione, accompagnamento delle persone di ogni età e condizione, nella pratica, invenzione e trasmissione del sapere, nella tutela della salute e cura della malattia, in tutte le forme dell’organizzazione sociale, sono il fondamento dell’esistenza e della possibilità produttiva.In molti lavori della riproduzione lo stesso diritto di sciopero è infatti limitato dal rispetto per le fondamentali necessità della vita.Le donne si occupano della vita, secondo i dati del Censis, per una media di tre ore al giorno più degli uomini, perciò se le donne incrociano le braccia si ferma il mondo.Possiamo fermarlo per il tempo utile a renderci visibili ovunque, nei luoghi pubblici e privati, nelle relazioni sociali e in quelle più intime, nei luoghi della politica e in quelli del mercato.Possiamo fermare anche le attività che svolgiamo nel ruolo di consumatrici, terminali a cui ammicca il mercato con la pubblicità usando i nostri corpi come materia inerte da plasmare e le nostre vite come contenitori da sfruttare per il profitto.
L’UDI ha ripreso e reinventato la tradizione dell’8 marzo nel 1945, dopo i lunghi annidel divieto fascista, continuato negli anni ’50 con la proibizione perfino dellamimosa, considerata sovversiva.Un fiore da donna a donna per fondare la solidarietà femminile e inscriverla nelmondo come segno di cambiamento dell’ordine patriarcale.Un fiore simbolico che oggi diventa un legame tra noi, un patto per tutte le lotte chechiedono la nostra intelligenza e la nostra presenza, anche costruendo forme diattivismo diverse dai tradizionali codici maschili com'è nella tradizione femminista.Presenti in piazza, nei tribunali, accanto alle donne che fuggono dalla violenza delleguerre, dalla violenza domestica e sui luoghi di lavoro, vicine alle donne chevogliono riprendere in mano la propria vita, continuiamo ad essere presenti allanostra storia per affermare con determinazioneMAI STARE ZITTE, MAI STATE ZITTEDi generazione in generazione il movimento prende nuovi nomi e nuove forme conla creatività e l’invenzione di ogni donna che parte dal proprio tempo per incontraremolte altre.Siamo diverse e insieme, con i gesti nonviolenti di una forza collettiva che genera un cambiamento enorme e pacifico come da sempre ogni nostra manifestazione.La memoria delle lotte e delle conquiste è la strada su cui possiamo camminare vicine e solidali.Ogni otto marzo un passo avanti nel cammino delle donne.
UDI-Unione Donne in ItaliaRoma 26 febbraio 2018
CONTRIBUTO
DA ENTI PUBBLICI RICEVUTI DA
UDI, Unione Donne in Italia di Ferrara
Denominazione soggetto erogante Somma incassata nel 2018 Data di incasso Casuale Regione Emilia Romagna € 23.000,00 03/12/2018 Contributi direttiper promozioneBiennale DonnaComune di Ferrara € 10.000,00 15/06/2018 Contributi direttiper promozioneBiennale DonnaComune di Ferrara € 10.000,00 27/07/2018 Contributi direttiper promozioneBiennale DonnaRete regionale archivi UDI € 8.290,00 23/10/2018 Contributo IBCRegioneEmilia Romagnaper tramite reteregionalearchivi UDIMinistero Beni e Attività Culturali € 2.498,00 18/10/2018 Contributi direttiper progetto ArchivioStorico
Regione Emilia Romagna € 7.383,49 22/05/2018 Contributi direttiprogetto PariOpportunitàPromozione stereotipi
#STOP AL DDL PILLON
MOBILITAZIONE IN TUTTE LE CITTÀ
SABATO 10 NOVEMBRE
in Piazza Savonarola, Ferrara
dalle ore 15,30
…la parola a cittadine e cittadini
per dire STOP al DDL Pillon!
· NO alla mediazione obbligatoria
· NO all’imposizione di tempi paritari e doppia residenza dei minori
· NO al mantenimento diretto
· NO al piano genitoriale
· NO all’introduzione del concetto di alienazione parentale
e tanto altro ancora…
APPUNTAMENTO SABATO 10 NOVEMBRE
in Piazza Savonarola dalle ore 15,30
Interpretazioni di
Milli Virgilio
Presidente Associazione nazionale ”GIUdIT-Giuriste d’Italia”
Alessandro Nascosi
Docente Diritto processuale
letture, performance creative, coro, testimonianze
UDI-CDG-CGIL-ARCILESBICA-ARCIGAY-CAM-ARCI-UIL-PD-PSI-CittadiniDelMondo
Ferrara, 2018
In occasione dell’Open Day delle istituzioni culturali promosso dalla regione Emilia Romagna attraverso il progetto EnERgie Diffuse, l’Archivo e Biblioteca dell’UDI di Ferrara organizza un’esposizione di bandiere storiche della pace dei vari circoli della nostra provincia.
Ad arricchire l’iniziativa vi sarà un allestimento con foto storiche dell’epoca rappresentanti momenti di lotta sociale per la parità dei diritti e per la pace.
Vi aspettiamo numerose, il 13 Ottobre dalle 10.00 alle 13.00in via Terranuova 12b Ferrara
il comunicato stampa della CGIL contro il DdL Pillon
FAMIGLIA. CGIL: CHIEDIAMO AUDIZIONE E CI OPPONIAMO A DDL PILLON
(DIRE) Roma, 26 set. - "Ancora nessuna risposta alla nostra richiesta di audizione urgente in Commissione Giustizia al Senato in merito al Ddl Pillon su affido condiviso, mantenimento diretto e bigenitorialita'". È quanto denuncia Loredana Taddei, responsabile Politiche di genere della Cgil nazionale. "Il Ddl Pillon- sostiene la dirigente sindacale- usa la bigenitorialita' per sovvertire alcuni principi cardini del diritto di famiglia, che tutelano donne e figli. Per questo ha visto insorgere anche il mondo dell'avvocatura, oltre quello delle associazioni femminili e dei centri che si occupano di affido, di benessere dei bambini e di violenza domestica". Taddei prosegue sottolineando che "la decisione di imporre, a pagamento, la mediazione familiare nei casi di separazioni con minori, non solo farebbe crescere i costi, ma soprattutto sarebbe un danno incalcolabile nei casi di separazione a causa di violenze domestiche, poiche' si costringerebbe la vittima a negoziare con il suo aguzzino. Cosa - specifica - in netto contrasto con la Convenzione di Istanbul, che stabilisce che l'affidamento e la frequentazione non debbano compromettere i diritti e la sicurezza della vittima e dei bambini, che diverranno invece sempre piu' oggetto di contesa". Tale previsione del Ddl "rendera' per molte donne impraticabile la richiesta di separazione, anche perche' nel testo donne e uomini vengono equiparati: il che e' paradossale in un Paese come il nostro, dove la forbice economica, occupazionale e di reddito si allarga sempre di piu' a netto sfavore delle prime". "La Cgil - aggiunge in conclusione Taddei - si opporra' con forza a questo disegno di legge, e sara' presente in tutte le iniziative che le associazioni femminili e femministe realizzeranno nelle prossime settimane nel Paese".
Dichiarazione L. L. Sabbadini CONTRO DDLPillon
La separazione tra due coniugi è sempre un momento critico, per lui, per lei, per i figli, specie se sono piccoli. Spesso la separazione è più critica per lei perché è una conseguenza alla violenza da parte del partner. Infatti il 51% dei separati ha subito violenza da parte del partner secondo l’ISTAT. È una materia delicata e non si può intervenire con l’accetta su queste questioni come fa il decreto Pillon.
Sono circa 70.000 mila le separazioni in un anno, non sono poche! Sono 66.000 i minori coinvolti ogni anno . Nel 71% dei casi viene dato un assegno di mantenimento dei figli di solito alla madre che solitamente vive con i figli e l’assegno medio di € 477 al mese. Purtroppo il disegno di legge ci riporta indietro di molto, più di cinquant’anni e non mette al centro il benessere del bambino.
Se passa il DDL il bambino sarà diviso a metà per legge, padre e madre dovranno farsene carico almeno 12 giorni al mese ciascuno. I bambini avranno due domicili, il coniuge che rimarrà nella casa di proprietà dell’altro dovrà pagare l’affitto e i due coniugi saranno costretti a pagarsi la mediazione familiare, altrimenti non potranno separarsi.
L’assegno di mantenimento dei figli verrà abolito e ognuno contribuirà per conto suo, ma non è finita qui. Nel caso in cui il bambino si rifiutasse di vedere il padre la responsabilità sarebbe della madre, anche se non ci sono elementi oggettivi di colpevolezza, dice la legge e cosi viceversa. Tra le coppie con figli dove la donna subisce violenza dal partner, il 64% di bambini assiste alla violenza. È normale che un bambino possa rifiutarsi di vedere il padre se lo ha visto picchiare la madre. E allora perché incolpare la madre?
Le conseguenze di questo disegno di legge sono molto gravi è una vendetta, una vendetta contro chi si separa. Il bambino non è un pacco postale, se qualcuno deve vagare da una casa all’altra devono essere i genitori e non il bambino.
Va mantenuto l’assegno di mantenimento altrimenti il bimbo starà meglio da un genitore e peggio dall’altro, solitamente le donne che hanno minori disponibilità economiche. La mediazione familiare non può assolutamente essere obbligatoria.
Dobbiamo unirci tutti per rigettare questo disegno di legge. Ogni separazione è storia a se e inaccettabile che tutti debbano essere obbligati a sposare o a seguire una ideologia precisa.
Siamo liberi e libere delle nostre scelte e vogliamo rimanerlo!Linda Laura Sabbadini
(25 settembre, Radio popolare)
Il calendario UDI 2019: Sulle strade di Ipazia. Donne, scienza, futuro.
Dodici mesi alla scoperta delle donne che stanno contribuendo a costruire il futuro.
Un “viaggio nel futuro” con scienziate italiane viventi, anche giovanissime, eredi di un passato che ha tenuto spalancate le porte della ricerca italiana ed internazionale senza timore di competizioni verso l’altro sesso e al di là di ogni difficoltà presente nel nostro Paese.Soccorrere non è un crimine.Ventiquattro femminicidi da inizio 2018.Associazioni e sindacati chiedono: “Il Governo renda immediatamente operativo il Pianostrategico per la lotta alla violenza maschile sulle donne”.Roma, 23 mar - Ventiquattro donne uccise vittime di femminicidio dall’inizio del 2018, quellache nel nostro Paese si configura come una vera e propria mattanza prosegue al ritmo di unadonna ammazzata ogni 24 ore nelle ultime settimane.Lo scorso 25 novembre i giornali titolavano Via libera al Piano antiviolenza.A distanza di 4 mesi, con un femminicidio ogni due giorni quel Piano, frutto di un lungo confronto trasocietà civile, varie associazioni di donne, sindacati, ministeri e istituzioni, e che porta con sé lanovità di un intervento finalmente strutturale sul tema, non è però ancora operativo.Il Piano strategico per la lotta alla violenza maschile sulle donne adottato dal Governo per il triennio2017 2020, approvato in Conferenza Stato-Regioni e finanziato nella legge di stabilità, a tutt'ogginon decolla.Al Governo e al Parlamentochiediamo dunque di renderlo immediatamente operativo, predisponendo le risorse economichededicate e rendendole immediatamente esigibili per la sua attuazione.Perché in una situazione drammatica come quella italiana, dove molto si dice e poco si riescea fare per contrastare concretamente la disparità di potere tra uomini e donne, alla radice delfenomeno della violenza, attendere ulteriormente è un fatto gravissimo.Lo Stato italiano, inoltre, che ha ratificato la Convenzione di Istanbul, ha l'obbligo di rendereoperativo il Piano strategico e di muoversi con la dovuta diligenza da parte di tutte le struttureistituzionali coinvolte nel Piano stesso. Le donne non devono ancora subire violenze in attesa chetutti facciano quando dovuto prescritto dal piano e che le azioni discusse e condivise trovinoattuazione.Cgil, Cisl, Uil, UDI Nazionale, Pangea, Rete per la ParitàL'UDI ALLA CEDU AL FIANCO DIANTONELLA PENATIPer la prima volta l'UDI ha chiesto alla Cedu -CorteEuropea dei Diritti dell'Uomo-di intervenire come terzo a sostegno del ricorsodi Antonella Penati presentato contro lo StatoItaliano, per non aver tutelato il diritto alla vita del proprio figlio Federico Barakat ucciso dal padre.La Penati, infatti, aveva più volte denunciato la violenza e pericolosità dell’uomo, culminatanell'omicidio del figlio di soli otto anni, avvenuto durante un incontro protetto presso i servizi socialiil 25 febbraio 2009.In questo caso, sul diritto alla vita del bambino ha prevalso il diritto alla genitorialità di un padreviolento.Il nostro intervento, si basa sulla profonda convinzione che "tragedie annunciate" come questa, ocome quella del recentissimo caso di Cisterna di Latina, siano tali anche a causadell'inadempienza di uno Stato troppo lento e troppo superficiale nel gestire situazioni di pericoloe di emergenza delle donne e dei loro figli, vittime di violenza domestica.Ci auguriamo, pertanto, che la nostra partecipazione al processo instaurato innanzi allaCorte Europea possa essere utile a perorare la causa della madre del piccolo Federico, e cheanche in questo caso la CEDU riconosca l'inefficienza dello Stato italiano nell’affrontarela violenzamaschile contro le donne, contribuendo dunque a realizzare gli auspicati interventi di tutte leistituzioni statali più volte richiesti nelle piazze e nelle sedi istituzionali in cui ci siamo espresse, inosservanza della Convenzione di Istanbul.PARTECIPAZIONE A PARIGI DELLE RAPPRESENTANTI DELL’UDI E DELLA CASAINTERNAZIONALE DELLE DONNEIl 15 e il 16 marzo, a Parigi, si è tenuta la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli sulleviolazioni di diritti umani e crimini di guerra operati dalla Turchia nei confronti del popolo kurdo.La sessione ha visto la partecipazione di numerose delegazioni da tutto il mondo, con lapresenza di avvocati, giornalisti, accademici e scrittori, che hanno ascoltato dalla platea delCentro du Travaille numerose deposizioni di civili, vittime delle violenze condotte dal GovernoTurco negli ultimi due anni nel sud est della Turchia, in Kurdistan.Durante queste due giornate di lavori, sono stati sentiti i cittadini di Sur, Diyarbakir, Sirnak, Cizre,che hanno raccontato i crimini, le violenze e i soprusi subiti dal 2014 a seguito dei bombardamentie delle operazioni di polizia effettuate dal governo turco.Hanno raccontato delle uccisioni dei loro famigliari avvenute durante le incursioni di Polizia, deiraid che non hanno dato scampo neanche a chi si è rifugiato nei sotterranei delle cantine dellecittà: uno scenario di dolore e di violenza si è mostrato alle centinaia di persone chiamate apartecipare in veste di osservatori internazionali, accorsi da tutto il mondo e che hanno assistitoalle deposizioni delle vittime civili, dei giornalisti, degli avvocati dinanzi la Giuria del Tribunale.La sessione si è data appuntamento tra due mesi a Brussels, dove leggerà la sentenza che, sepure di opinione, avrà le caratteristiche di una condanna certamente esecrabile delle violazionidei diritti umani emerse dal lavoro svolto dall’accusa, diretta dallo studio del noto avvocato BelgaIan Fermont.I/le partecipanti hanno sottoscritto un appello comune contro i bombardamenti effettuati in questigiorni dal dittatore Erdogan che colpisce la città di Afrin, in Siria, colpevole di aver dato rifugioa centinaia di migliaia di profughi civili fuggiti dagli assedi dell’Isis ed oggi vittime della violenzadelle armi turche.UDI-Unione Donne in Italia
A MarielleFrancoAPPELLO URGENTE PER AFRIN – Fermare questa invasione è diventata unaresponsabilità storica.Proprio adesso centinaia di migliaia di civili ad Afrin si trovano sotto i pesanti bombardamenti deijet turchi.La Turchia continua il massacro di Afrin ignorando la risoluzione ONU per il cessate-il-fuoco.Fermiamo il genocidio e la pulizia etnica dell’esercito turco ad AfrinIl popolo curdo ad Afrin è oggetto di genocidio e pulizia etnica da parte dell’esercito turco, conil supporto di gruppi jihadisti come al-Qaeda, al-Nusra e ciò che resta dell’ISIS.Questa invasione e questo attacco genocida sono stati portati avanti di fronte agli occhi dell’umanità.Una città ora è sul punto di essere distrutta dal secondo esercito più grande della NATO che èdotato delle armi più sofisticate prodotte da diversi paesi. Questo attacco viene legittimatodiffondendo un discorso propagandistico come se eserciti di due grandi Stati stesserocombattendo l’uno contro l’altro. Quelle potenze, tra cui i membri permanenti del Consiglio disicurezza delle Nazioni Unite, che forniscono armi alla Turchia sono complici di questo crimine.
Chiediamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di intervenireper fermare l’invasione turca di Afrin.
E inoltre:• Facciamo appello al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affinché si batta in difesa dellaRisoluzione 2401, per non lasciare che il regime turco venga meno alle responsabilità per le proprieazioni nella regione di Afrin, Siria• Esortiamo la comunità internazionale a mettere in atto il cessate-il-fuoco del Consiglio diSicurezza ONU e a garantire la consegna di aiuti umanitari e sanitari per coloro che ne hannodisperato bisogno, ad Afrin e Ghouta.
• Sottolineiamo il bisogno urgente dell’implementazione di una zona di non sorvolo sulla regione di
Afrin per preservare vite e abitazioni civili, infrastrutture civili, monumenti significativi e siti dirilevanzaculturale. Invitiamo la comunità internazionale ad aiutare la messa in atto della no-fly zone con truppedi pace e delegazioni di osservatori.
Ufficio Informazione del Kurdistan in ItaliaUIKI Onlus Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia Tel. : +39 06 64 87 11 76Web : www.uikionlus.comFacebook : UIKIOnlusTwitter : @UIKIOnlus
Inviamo il link dell’appello da firmare e da diffondere.
https://www.change.org/p/virginia-raggi-una-casa-per-tutte
Molte
nostre amiche hanno voluto sostenerci con un appello, che noi, Casa
Internazionale delle Donne, raccogliamo invitando tutte e tutti
a sottoscriverlo per sventare definitivamente il rischio che la Casa resti
senza casa. Grazie amiche!
"La Casa Internazionale delle donne di Roma non è al sicuro. Un luogo storico, il riferimento di oltre 30.000 donne che la visitano ogni anno e delle numerose associazioni che la fanno vivere, il punto di incontro, confronto culturale e politico, di crescita personale e professionale, l’archivio del femminismo, la sede di tante battaglie delle donne contro discriminazioni e violenze, è a rischio.
Ancora pende il rischio dello sfratto. Ancora si avanza, da parte
del Comune, la richiesta di un arretrato di oltre 800.000 euro. Eppure,
le donne che la animano hanno spiegato a noi, agli
interlocutori istituzionali e a tutte/i coloro che hanno a cuore la sua
esistenza,
che la Casa ha pagato per tutti i 15 anni di gestione, buona parte
del canone e ha sostenuto gli ingenti costi di manutenzione di cui
uno stabile storico, quale è il complesso del Buon Pastore (un palazzo
del 1660), necessita. Il tutto senza contributi e finanziamenti pubblici,
solo con
l’autofinanziamento, rendendo così fruibile per la città
questo splendido luogo: aperto, frequentabile, pieno tutti i giorni
di attività e di servizi a disposizione delle donne, in particolare
di quelle con minori possibilità. Sappiamo che la trattativa con il Comune
è in corso, ma ci sembra troppo lenta e difficile. Gli amministratori del
Campidoglio dicono che vogliono valorizzare la Casa, che la considerano un
valore per la città.
Noi ci crediamo. Perché non dovremmo?
Sarebbe del
tutto paradossale, che la prima sindaca donna della Capitale voglia passare
alla storia per aver chiuso la Casa internazionale delle donne.
Ci
sentiamo in dovere di parlare perché “la Casa siamo tutte”. Noi
la frequentiamo, vediamo quanta passione, quanto lavoro, quanta
fatica richiede ogni giorno quel luogo per restare aperto e disponibile.
Vorremmo un gesto di responsabilità e di generosità. Vorremmo
che alle parole seguissero i fatti. La Casa, le associazioni e le
tantissime donne che la abitano e la rendono fruibile devono essere messe
in sicurezza, devono poter continuare ad agire e progettare il futuro.
Per
ottenere questo risultato, basterebbe applicare le leggi che consentono di
concedere alla Casa Internazionale un canone gratuito, mettere a valore il
ruolo sociale e culturale che la Casa svolge,
riconoscere il pregio
dell’opera di manutenzione e salvaguardia di un bene culturale della città e
il prezioso contributo dei servizi che alla Casa le donne trovano e quindi
anche ristrutturare il debito, a
partire dal riconoscimento della sua reale
entità.
La Casa rappresenta anche un pezzetto della nostra storia,
del presente e del futuro nostri e della città. E’ uno dei simboli
delle battaglie e delle vittorie delle donne e ci aiuta, con
l’impegno
quotidiano che vi si svolge, a costruire scelte, passi che restano
da compiere per superare discriminazioni e diseguaglianze.
La casa siamo
tutte. Tutte, anche Virginia Raggi."
Ambra Angiolini, Lucia Annunziata,
Asia Argento, Silvia Avallone,
Elisabetta Addis, Sonia Bianchini, Laura
Bispuri, Alessandra
Bocchetti, Caterina Bonvicini, Tatiana Campioni,
Valentina,
Carnelutti, Stefania Casini, Carlotta Cerquetti, Teresa
Ciabatti,
Gigliola Cinquetti, Chiara Civello, Francesca Comencini, Lella
Costa,
Maria Rosa Cutrufelli, Francesca D’Aloja, Serena Dandini, Piera
Degli
Esposti, Marica Di Pierri, Ginevra Elkann, Alessandra Ferri,
Iaia
Forte, Ilaria Fraioli, Elena Giannini Belotti, Chiara Gamberale,
Maria
Grazia Giammarinaro, Emanuela Giordano, Valeria Golino, Laura
Greco,
Glauca Leoni, Loredana Lipperini, Viola Lo Moro, Sarah Di Nella,
Ria
Lussi, Simonetta Lux, Barbara Leda Kenny, Francesca Mancini,
Dacia
Maraini, Francesca Marciano, Giovanna Mezzogiorno, Rossella
Milone,
Michela Murgia, Olivia Musini, Silvia Neonato, Roberta
Nicolai,
Eleonora Paglini, Laura Paolucci, Valeria Parrella, Rita
Pelusio,
Marinella Perroni, Cristina Petrucci, Barbara Piccolo,
Renata
Rampazzi, Norma Rangeri, Alba Rohrwacher, Sara Ronchi,
Evelina
Santangelo, Alessandra Sarchi, Bia Sarasini, Luisella Seveso,
Grazia
Scuccimarra, Tosca, Tiziana Triana, Jasmine Trinca, Chiara
Valentini,
Chiara Valerio, Maddalena Vianello
Per info: lacasasiamotutte@gmail.com
Dopo la relazione ministeriale relativa al 2016 legge 194 e consultori
A chiunque sarà il/ la prossimo/a ministra della salute vorremmo ri-presentare, nel senso che tante volte sono state poste, alcune questioni per noi irrinunciabili e chiedere serie verifiche e cambiamenti rispetto alla annuale (ormai biennale per continui ritardi) relazione sulla legge 194. Verifiche in merito a criteri di raccolta dati, quindi verifiche sulla veridicità e credibilità degli stessi, infine cambiamenti rispetto alle scelte e politiche conseguenti.
Condividiamo in pieno quanto scrive AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto) a commento della tardiva (dieci mesi di ritardo) e quasi clandestina relazione ministeriale sull'attuazione della legge 194, relativa all'anno 2016.
In particolare è da sottolineare il fatto che, seppur con vari distinguo, si riconosce che la diminuzione del numero delle interruzioni di gravidanza, al di sotto delle 100.000 per il terzo anno consecutivo, potrebbe essere in parte riconducibile all'eliminazione della prescrizione medica per la contraccezione d’emergenza. E dunque ci chiediamo noi, come si chiede AMICA, che cosa si aspetta ad eliminarla anche per le ragazze minorenni e distribuirla gratuitamente nei consultori pubblici e nei poliambulatori?
Ma, aggiungiamo, se così è, come e perché e per quanto tempo ancora la contraccezione di emergenza può essere oggetto di restrizioni e gravi limitazioni, dovute in molti casi ad obiezioni di medici e farmacisti, obiezioni del tutto fuori legge? Quando finirà questa illegalità diffusa sulla pelle delle donne?
Se dunque si riconosce, finalmente, l’importanza di una cultura contraccettiva sia per prevenire il ricorso all'aborto che per vivere una sessualità consapevole, è evidente che contemporaneamente va fortemente richiesto che la contraccezione, attualmente a pagamento, venga riconsiderata tra le prescrizioni gratuite del servizio sanitario nazionale. O salute e libertà femminile non sono obiettivi primari?
Sui consultori e il loro numero, poi, le finzioni ministeriali mostrano tutta la loro nocività. I numeri dati dalla relazione ministeriale, 0,6 consultori ogni 20.000 abitanti (mentre dovrebbero essere 1 ogni 20.000 abitanti) mostrerebbero una situazione solo scarsamente critica. Peccato che di questi consultori, a detta proprio della relazione, molti sono dedicati all'età evolutiva o hanno solo alcuni servizi e non altri, ad esempio non trattano l’IVG. Infine grave è la riduzione di orario e di personale dedicato e competente.
Eppure la legge 194 prevede proprio i servizi consultoriali come strutture privilegiate sia per la prevenzione che per l’applicazione della legge. Una lettura onesta di tutto ciò dovrebbe portare a percepire quali e quante criticità vi sono attorno ai consultori e alla legge 194, dove alcuni luoghi e regioni cosiddette virtuose (in realtà con obiezioni comunque attorno al 50% e chi si accontenta gode) sono solo meno inadempienti di altre.
E’ il dato nazionale dell’applicazione della legge 194 rispetto all'obiezione (sette su dieci, con una percentuale nazionale media del 70%, ma con punte in certe regione di oltre il 90% che comporta anche il 100% in molte strutture) e lo svuotamento progressivo dei consultori che dà il segno del piano inclinato su cui ci troviamo. Un piano inclinato che porta all'inapplicabilità progressiva della legge 194, dunque ad una revisione privatistica del diritto all'interruzione di gravidanza, quando non ad una sostanziale messa in discussione.
L’ineffabile ormai ex ministra Lorenzin dovrebbe chiedersi che cosa è un consultorio, quali sono i servizi che deve contenere e dunque quali équipes in esso debbono inequivocabilmente esservi. Solo dopo può rifare i conti e dirci in realtà quanti sono i consultori, sul territorio nazionale, regioni “virtuose” comprese. Sempre meno, sempre più sotto organico, perché quasi mai chi va in pensione viene sostituito.
Sull'obiezione di coscienza , infine, la relazione ministeriale mostra il suo vero volto, il volto di chi da più di quarantanni boicotta questa legge che le donne hanno ottenuto. E allora via con giravolte numeriche, messe in atto solo per nascondere la realtà.
Gli aborti calano, le obiezioni crescono e , udite udite, calano mediamente anche i tempi di attesa. Non viene in mente che, come denuncia AMICA, la facilità con cui si possono reperire farmaci abortivi anche online, e la relativa “sicurezza” degli stessi, contribuisce a far slittare molte interruzioni nell’area della clandestinità. Ma è una sconfitta, è una non applicazione della legge che intendeva anche responsabilizzare la società tutta. UDI non ha mai chiesto aborto libero, fatto in casa, solo depenalizzato o altro, ha chiesto una legge dello stato, ha chiesto che se ne facesse carico il servizio sanitario nazionale. Ha chiesto che anche psicologicamente e culturalmente l’aborto uscisse dalla clandestinità e venisse affrontato per quello che è. Solo così si può sperare di prevenirlo, diffondendo una cultura diversa dei rapporti uomo donna e allargando le conoscenze e le informazioni e gli accessi alla contraccezione per giovani, meno giovani,per italiane e straniere.
NON POSSIAMO DARLA VINTA A CHI proteggendo e praticando l’obiezione selvaggia, ricaccia l’aborto nel privato, nella clandestinità, nel non detto. E riducendo via via il peso specifico e il numero dei consultori priva di fatto le donne, soprattutto se in difficoltà economica, di presidi fondamentali della loro salute. Comprese le donne immigrate
Perché la 194 sia applicata veramente UDI ribadisce la sua richiesta di una legge nazionale di regolamentazione dell’obiezione di coscienza: tetto massimo di obiettori per struttura; consultabilità degli elenchi dei medici obiettori, per la scelta del medico di base, funzioni apicali e di dirigenza solo a non obiettori, penalizzazioni in denaro o in ore di lavoro per chi si dichiara obiettore alla legge 194. Riconoscimenti per chi applica con onestà una legge dello stato! Per come sono andate le cose fino a qui, sembrano richieste “estreme”, in realtà sono il minimo in un paese civile.
Quando mai chi obietta ad una legge dello stato ha funzioni di responsabilità e di dirigenza proprio in relazione alla legge stessa? Avete mai visto un colonello, o anche solo un ministro alla difesa obiettore rispetto all’uso delle armi? Perché alle donne si può fare di tutto?
ADESSO BASTA! lo abbiamo detto e ripetuto. L’obiezione di coscienza è uno strumento pensato per difendere i diritti di minoranze rispetto ad una maggioranza. Non può essere il contrario.
Un numero di obiettori che raggiunge anche punte oltre il 90% in tanta parte d’Italia, lo svuotamento dei consultori, le vacue relazioni ministeriali che non sanno fare due più due uguale a quattro, sono uno scenario che non vogliamo più vedere.
A tutti i livelli chiediamo una svolta
Dall'assemblea dei circoli UDI di Ferrara:
COMUNICATO
Aria di inquisizione e rogo alle streghe si respira in “padania”.
Abbiamo sempre manifestato la nostra preoccupazione e solidarietà a Laura Boldrini di fronte agli
attacchi continui che ha subito, da quando è Presidente della Camera dei Deputati, da partiti e
movimenti di destra, per le opinioni che esprimeva sulla violenza di genere, sui migranti, espressioni
di odio giunte fino ad augurarle uno stupro di gruppo da bande africane. Spesso sono state
considerate “bravate” o colorite espressioni mal interpretate.
Noi non siamo mai state di questa opinione. Classifichiamo tutto questo in un clima violento non
solo verbale, ma anche fisico, che sta segnando la vita delle donne. Prendere di mira una donna che
ha la terza carica dello Stato è una doppia aggressione: alla donna e allo Stato.
Qualche giorno fa i giovani leghisti padani hanno “festeggiato” la Boldrini mandandola alla deriva
su un barcone e poi finendola al rogo. Un messaggio chiarissimo e gravissimo, l’ennesima
espressione di odio profondo che ne ha simulato addirittura la morte.
Intollerabile è la giustificazione della segreteria della Lega di Busto Arstizio, luogo in cui è avvenuto
il fatto "l'episodio è stato strumentalizzato da chi ha voluto speculare trasformando un momento di
festa popolare in evento di lotta politico-elettorale".
Riunite in assemblea nella data in cui ricorre il ricordo dello sterminio degli ebrei, nel giorno della
“Memoria”, i nostri pensieri non sono andati solo all’olocausto, ma a dove ha avuto origine
l’olocausto, a come sono nati nazismo e fascismo: da episodi popolari sottovalutati e considerati
bravate.
Abbiamo la sensazione che sia ormai saltata ogni forma civile che regola il confronto di opinioni.
Noi non ci stiamo e sottolineando forte preoccupazione esprimiamo a Laura Boldrini la nostra totale
e incondizionata solidarietà.
Le donne dei Circoli UDI in assemblea.
Ferrara, 27 gennaio 2018
Donne influenti e Costituzione nell’assemblea annuale di Udi
Liviana Zagagnoni sul 2017: "Tante iniziative ma anche problemi economici. La quota associativa cresce"
Nel segno di Vera Perri e Nadia Neri si è aperta la tradizionale assemblea annuale dei circoli Udi di Ferrara. Un momento associativo che diventa l’occasione per fare un bilancio dell’anno appena concluso e per porsi gli obiettivi per il 2018.
Senza però dimenticare quelli che non ci sono più, come, appunto, “le compagne Vera e Nadia” esordisce Stefania Guglielmi. Che nell'aprire i lavori non può fare a meno di comunicare con orgoglio “la nomina di Responsabile nazionale di Udi per Giulia Potenza”, una donna che “possiamo definire ferrarese perché è vissuta qui tanti anni e che i primi approcci con l’associazione li ha avuti con noi”.
Donne influenti e Costituzione sono stati i temi che hanno caratterizzato l’assemblea, anche grazie alle relazioni di Anna Quarzi, presidente Isco, e Orsetta Giolo, docente di Filosofia del diritto. Esattamente 70 anni fa, nel 1948 entrava infatti in vigore la Costituzione italiana. “Ci chiediamo spesso come possiamo essere influenti sulla società e sulla vita politica – riprende Guglielmi -. Eppure 21 donne hanno partecipato alla stesura della Costituzione”.
A Liviana Zaganoni, invece, il compito di guardare all'anno 2017. Un anno positivo per “le tante iniziative che si sono svolte”. Fra queste quattro su tutte: “Il premio “Pace città di Ferrara” consegnato a Rojin Tanrikulu; la giornata dell’8 marzo dove siamo scesi in piazza a fianco di Cdg e Cgil; l’iniziativa “Immagini amiche” che si è chiusa in un Teatro Comunale colmo di ragazzi e il 25 novembre scorso. Una giornata che entrerà nella storia, perché Laura Boldrini ha aperto il Parlamento a 1400 donne, di cui 17 venivano da Ferrara”.
Il 2017, però, è stato anche un anno difficile, fatto di scelte dolorose che si ripercuoteranno anche nella quota associativa per avere la tessera Udi, che “da 10 euro passerà almeno a 15”. Come spiega Zaganoni, infatti, il bilancio “non consentiva più troppe spese in uscita”, che tradotto significa che “Micaela Gavioli dall’1 gennaio 2018 non è più dipendente Udi”. Anche per questo “l’8 marzo diventerà ancora di più un’occasione importante per la nostra associazione per poter raccogliere fondi, così come sarà importante l’appuntamento del 14 aprile, quando sarà inaugurata ‘Biennale donna’”.
In mattinata è intervenuto anche l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Ferrara Massimo Maisto: “L’amministrazione ha un forte legame con il mondo associativo. Dobbiamo tenere alta l’attenzione, perché gli episodi di violenza sulle donne non sono in crescita ma nemmeno in calo, e dobbiamo ancora spiegare chi è la vittima e chi il carnefice”.
Dalla conoscenza alla consapevolezza
Due anni di consulenza legale e psicologica
all’UDI di Ferrara
Il 4 dicembre alle ore 10,00 presso la libreria “IBS+libraccio”, in piazza Trento Trieste di Ferrara, si terrà un incontro di confronto sui due anni di consulenza legale e psicologica presso l’UDI di Ferrara.
Durante l’incontro saranno analizzati i dati emersi dalle consulenze legali e psicologiche fornite dall’UDI negli ultimi due anni. In particolare, si discuterà sulle nuove forme di violenza, sulla casistica più frequente, e sulle forme di accoglienza e aspetti positivi o negativi re del servizio offerto.

Amatori, in campo ‘indossando’ il messaggio dell’Udi
L'iniziativa degli amatori calcio fiscagliesi sostenuta dall'Amministrazione. Udi: "Porteremo la speciale divisa alla Presidente Boldrini".
Fiscaglia. “Ci metteranno la faccia, il cuore e i piedi, porteranno sul campo di calcio un forte messaggio di contrasto alla violenza sulle donne e al femminicidio”. I protagonisti della lodevole iniziativa sono i giovani calciatori della ‘Gelateria I Portici’ che per tutto il mese di novembre indosseranno una speciale divisa intitolata all’Unione Donne Italiane, solo la prima di una serie di iniziative che vedrà i ragazzi schierati dalla parte della legalità e del rispetto di genere.
“Amatori nel gioco e professionisti nel cuore” sarà il motto che accompagnerà questa campagna supportata dall’Amministrazione comunale – prezioso in questo senso il ruolo del consigliere Marco Mattioli -, quindi dall’assessore alle politiche giovanili Melissa Romani e dal sindaco Sabina Mucchi, accanto ai ragazzi anche il prossimo 2 dicembre, quando l’esperienza sarà raccontata nel corso di un incontro pubblico in via di definizione.
“Il fatto che a sposare questa causa sia un gruppo di giovani uomini – commenta Mucchi – credo sia una cosa molto bella, che abbiamo accolto con grande piacere. Non siamo di fronte alle solite parole di circostanza pronunciate occasionalmente, ma ad un messaggio comunicato concretamente in un contesto, quello calcistico, prettamente maschile”.
“Per noi è stata veramente una notizia straordinaria” interviene Liviana Zagagnoni, responsabile territoriale ferrarese per Udi. “In genere ci troviamo ad affrontare da sole il problema, siamo noi donne a manifestare e di rado abbiamo gli uomini accanto. Non ci era mai capitato che questa azione venisse in modo spontaneo degli uomini”. Zagagnoni, invitando la squadra a visitare la sede estense di Udi, ha ricordato che proprio in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne (il 25 novembre), una delegazione ferrarese accoglierà l’invito della presidentessa della Camera a riempire il Parlamento di sole donne comuni. “A Laura Boldrini consegneremo una delle vostre magliette” annuncia a sorpresa.
Della stessa maglietta saranno inoltre omaggiate tutte le squadre che gli amatori fiscagliesi incontreranno nelle prossime giornate del campionato provinciale e del torneo Csi di calcio a 7. “Un modo per trasmettere il messaggio il più possibile”.

"IMMAGINI AMICHE"
Il Premio Immagini Amiche promosso nel 2010 dall'UDI - Unione Donne in Italia
nazionale, si ispira alla ‘Risoluzione del Parlamento europeo votata il 3 settembre
2008 sull'impatto del marketing e della pubblicità sulla parità fra donne e uomini’.
https://drive.google.com/file/d/0B4NnLLFPh4SvcEJLRWkycEJNSTA/view?usp=sharing
GRUPPO DI LETTURA SU “LA BAMBINA CHE NON ESISTEVA” – 13 SETTEMBRE
E’ stata presentata la trama generale del libro e si è riflettuto, in particolare, sulla drammatica condizione della donna in paesi quali l’Afghanistan, dove è ambientato il romanzo, confrontando tale condizione con la minore, seppur presente, discriminazione della donna in molti paesi occidentali.
Si è approfondita in particolar modo la conclusione del romanzo, in cui la protagonista deve scegliere tra l’essere donna, il suo sesso biologico di appartenenza e, di conseguenza, la dipendenza da una figura maschile, oppure rinnegare il suo sesso per essere libera di vivere ed essere se stessa. Non a caso sceglierà la seconda opzione.
E’ stato fatto un confronto tra le diverse figure femminili che appaiono nel romanzo, soffermandosi sulla madre della protagonista, donna che se da un lato si dimostra passiva (si “lascia andare” a se stessa), dall’altro è consapevole della sua discriminazione come donna.
E’ stato apprezzato il messaggio di speranza dato dall’apertura, fortemente voluta dalla protagonista, di una classe femminile all’interno della scuola.
A conclusione dell’incontro è stato scelto il libro da affrontare nel prossimo gruppo di lettura, che si terrà il 25 ottobre alle 17:00 : “The help”.
23 MAGGIO 2017
IL CONTRIBUTO DELLE DONNE
NEL VENTICINQUESIMO DELLE STRAGI DI MAFIA
L’Unione Donne in Italia vuole ricordare il contributo delle donne nella ricerca della verità e della giustizia soprattutto in occasione del Venticinquesimo anniversario delle stragi di Capaci e di via D’Amelio.
La magistrata Francesca Morvillo, la poliziotta Emanuela Loi, la compagna di una vita di Paolo Borsellino, Agnese Piraino Leto.
Le donne vengono spesso liquidate semplicemente come ‘la moglie di’ oppure la ‘poliziotta’, noi vogliamo ricordarle nel loro impegno concreto.
Pensiamo a Francesca Morvillo che sposò Giovanni Falcone e pochi ricordano che fu essa stessa una integerrima magistrata, riservata, schiva da ogni clamore, ma testimone di una genuina ricerca della giustizia. Figlia di un magistrato -Guido Morvillo e sorella di Alfredo Morvillo attuale procuratore-, la sua famiglia affonda le radici nel lontano Risorgimento. La descrive così la prima magistrata di Palermo, Maria Teresa Ambrosini, amica e collega di Francesca: “La incontrai nuovamente nel febbraio del 1972 allorchè, dopo un anno circa di permanenza presso la sezione penale del Tribunale di Agrigento, venne trasferita alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo, in quello stesso Tribunale ove anch’io negli stessi giorni mi ero immessa quale giudice, a seguito della istituzione di autonoma pianta organica di quegli uffici giudiziari. Abbiamo affrontato insieme, per lunghi anni, l’esperienza minorile che ci gravava di ansia, di inquietudine e di un impegno vigile e sollecito per la delicatezza delle situazioni coinvolgenti soggetti fragili, dalla personalità ancora in formazione. Francesca amava il contatto con i giovani: l’aveva già sperimentato nella Sua esperienza d’insegnamento, attività che Le era estremamente congeniale e che aveva svolto prima, durante l’Università nelle scuole elementari di un istituto per figli di detenuti e poi, per un anno, dopo la laurea, quale docente di diritto in un istituto tecnico statale. Tale esperienza, e in particolare quella vissuta con i piccoli svantaggiati dalla detenzione del padre, La portò a scegliere le funzioni di giudice minorile, aiutandola nell’approccio con i ragazzi e nella comprensione della loro personalità. L’estrema dignità ed umanità e il grandissimo equilibrio con il quale svolgeva il Suo ruolo hanno fatto sì che Essa non sia stata e non sarà mai dimenticata da tutti coloro che con Lei hanno avuto modo di lavorare”.
Francesca Morvillo ogniqualvolta doveva chiedere una condanna per un minore sentiva su di sé il peso di un’ingiustizia nei confronti di un minore: ”La vita lo ha penalizzato due volte”, diceva. Con Giovanni Falcone non sposa solo l’uomo ma la sua stessa idea di giustizia, super partes di fronte alla ricerca del vero.
L’amore per Giovanni è inscindibile dal suo amore per la giustizia.
È Francesca –racconta Paolo Borsellino il 2 giugno 1992- che consiglia a Giovanni le strategie più lucide, più razionali quando viene attaccato dall’interno stessa della magistratura. È Francesca che gli corregge alcuni provvedimenti giudiziari a matita con delle note delicate in basso, lo racconta l’amico magistrato Giuseppe Ayala.
Emanuela Loi, di origini sarde, dopo aver preso un diploma magistrale, entrò nella polizia di Stato nel 1989 e frequentò il 119º corso presso la Scuola Allievi Agenti di Trieste. Trasferita a Palermo non si era mai tirata indietro dinanzi ai compiti più difficili e pericolosi fino ad essere assegnata alla
scorta del magistrato Paolo Borsellino che negli ultimi mesi di vita diceva di sentirsi già morto: sapeva che sarebbe toccato a lui. Emanuela con gli altri colleghi avvertivano ad ogni spostamento che poteva toccare a loro la prossima carica di esplosivo. Aveva appena 25 anni e aveva paura in quell’estate siciliana.
È la prima donna assegnata alle scorte e la prima poliziotta ad essere uccisa.
Agnese Piraino Leto, compagna di una vita di Paolo Borsellino, ha testimoniato con forza nei vari processi depistati di via D’Amelio, tutto ciò che Paolo le aveva confidato: “l’odore della morte”, fino a pochi giorni prima di morire, taluni incontri istituzionali equivoci e inquietanti, le minacce e la solitudine del padre dei suoi figli.
“Paolo era la giustizia”, ripeteva Agnese che con Lucia, Fiammetta e Manfredi ancora ragazzini, nel 1985 aveva subito l’isolamento dell’Asinara con Paolo -stessa sorte toccò a Falcone e alla sua famiglia-per garantire il primo maxiprocesso. Una delle figlie di Agnese e Paolo si era ammalata per essere stata strappata al contesto quotidiano spensierato della sua adolescenza.
Fu Agnese a rifiutare il rito di stato preferendo per Paolo funerali privati, accusando il governo di non aver saputo proteggere il marito: ""Non meritavano questi uomini", ebbe a dire, facendo riferimento ai politici che non avrebbero meritato di presenziare alla cerimonia funebre del marito.
Senza alcun dubbio possiamo affermare che né Giovanni Falcone né Paolo Borsellino, né Francesca Morvillo, né gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro né Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina siano stati realmente tutelati dallo Stato in quegli anni. Non c’era un elicottero a Capaci preposto a seguire il corteo blindato, non era stata effettuata una bonifica sul tragitto.
In via D’Amelio –nonostante la strage di Capaci- si è ripetuto lo stesso copione. Siamo consapevoli che i nemici e le nemiche delle mafie rimangano oggi solo chi realmente si oppone a vari livelli -dalla gestione dei territori, all’economia, all’organizzazione del lavoro in determinati ambienti lavorativi- a quegli interessi sempre più ampi e più vasti che stanno mettendo a rischio la democrazia nel nostro Paese fondamentale per tutti e per le donne in particolare.
Per questo, in questi giorni in cui si ripercorrono le vite di Falcone e Borsellino, le due grandi figure che la mafia ci ha sottratto, l’UDI vuole anche riportare al ricordo collettivo l’esempio di queste tre donne vittime dirette e indirette della stessa stagione nera messa in atto da una mafia violenta e assassina, e che pur consapevoli del rischio non si sono sottratte a perseguire una scelta di vita giusta. E con loro, tante altre donne di altre stagioni aspettano di essere nominate.
UDI-Unione Donne in Italia
Roma, 21 maggio 2017
Il primo tema è “LE DONNE DELLA LETTERATURA LASCIANO UN SEGNO, figure femminili nella narrativa che influenzano le nostre vite”. Siete pregat* di portare un brano per voi significativo: ne parleremo insieme!
La scelta dei temi per gli incontri successivi sarà fatta insieme, questo è solo il primo incontro, per rompere il ghiaccio.
Vi aspettiamo numerosi!|
L’UDI (Unione Donne in Italia) è parte della mobilitazione NONUNADIMENO
perché è stata tra le associazioni promotrici del percorso che ha
portato alla marea del 26 novembre a Roma e oltre, sul quale ha attivato
il dibattito dentro e fuori l’associazione.
Vogliamo promuovere
insieme a tutte le donne e le realtà che oggi si riconoscono nel
percorso NONUNADIMENO la mobilitazione per l’8 marzo, da sempre per noi
giornata di lotta, alla quale non abbiamo rinunciato nei momenti di più
alta partecipazione, come nei momenti di ridicolizzazione meschina o
indifferenza nei confronti di questa data.
Non dimentichiamo le
lotte delle donne venute prima di noi e siamo consapevoli che la
cancellazione è sempre funzionale alla permanenza del patriarcato che ci
costringe, anche subdolamente, a ricominciare da capo come se fossimo
sempre donne smemorate e senza storia.
Oggi, nella fase del
neoliberismo trionfante e del tentativo di restaurazione violenta,
espresso da Trump e da tutti i suoi miseri epigoni ovunque, riteniamo
che la mobilitazione possa diffondersi solo se ogni donna si sente
protagonista in prima persona e consideriamo l’esistenza di associazioni
come la nostra, dei Centri antiviolenza, di tutti i collettivi, di
gruppi vecchi e nuovi contro il sessismo e per l’affermazione della
libertà delle donne, l’espressione di una nuova forza politica raggiunta
dal Movimento in Italia, nonostante la censura della scuola, il
silenzio dei media, la svalutazione della politica tradizionale,
l’inconsapevolezza di tanti e tante.
Non vogliamo perdere nessuna e
se non sarà sciopero generale di 24 ore come abbiamo richiesto (ma che
non si crea a comando) dovremo essere noi ancora più determinate e
creative nella nostra mobilitazione dell’8 marzo e per questo
continueremo il dialogo con tutte le donne in tutti i luoghi delle
nostre vite.
Per questo ci sentiamo ancora più impegnate a costruire
un Piano femminista contro la violenza in tutti i luoghi possibili, con
una pratica di confronto, di ascolto reciproco e relazione dialogante
per rendere visibili autorevolezza ed efficacia della nostra azione.
Costruire un piano significa andare oltre i principi e gli slogan per affrontare la concretezza della realtà e mutarla.
Riteniamo che il documento con gli otto punti scaturito dall’assemblea
di Bologna registri complessivamente sentimenti, desideri e mete
condivise ma ci sono affermazioni che non ci convincono del tutto anche
se sono posizioni di maggioranza nelle assemblee.
Manteniamo le
nostre perplessità sul punto che riguarda la salute e sulla parte che,
parlando di “aborto libero” e di abrogazione dell’obiezione dei medici,
sembra alludere, forse al di là delle intenzioni, alla richiesta di
abrogazione della Legge “194” che la prevede. Cosa che i molti misogini e
reazionari in Parlamento sarebbero felici di accogliere positivamente.
Non a caso attaccano la legge da 40 anni: i fondamentalisti l’attaccano
da quando è stata varata, mentre politici ed obiettori provvedevano a
boicottarla negli ospedali rendendola inefficace con grave danno per le
donne.
Noi ci siamo sempre state per difendere il diritto delle
donne all’autodeterminazione e denunciare obiezioni di struttura,
riaprire reparti chiusi per mancanza di non obiettori fino a pretendere
le liste pubbliche dei medici obiettori e la regolamentazione del loro
mancato impegno che penalizza oltre alle donne anche i medici non
obiettori.
Riteniamo che l’obiezione di coscienza vada
regolamentata contro gli obiettori che finora sono stati privilegiati
anche nel loro opportunismo, in funzione di una piena applicazione della
Legge 194, anche perché ogni garanzia di libertà che viene tolta può
ritorcersi prima di tutto contro di noi. Per noi questo vuol dire aborto
gratuito e sicuro nelle strutture pubbliche, altrimenti rischiamo di
riconsegnarlo a pagamento agli studi privati, dividendo le donne tra chi
può e chi non può abortire per ragioni economiche. È materia da 40 anni
troppo delicata e complessa perché sia possibile anche solo rischiare
equivoci e confusioni. Ed è materia che dovremmo conoscere tutte,
assemblee o non assemblee, perché ogni esigenza di principio deve
comunque fare i conti con la realtà per poterla davvero mutare.
Anche sui consultori, se parliamo di quelli pubblici e li vogliamo
riportare alla loro funzione di servizi per la sessualità e la libertà
della procreazione, cura della gravidanza ecc., dobbiamo sapere come
sono stati svuotati dalla politica, dall’aziendalizzazione e
dall’eccesso di funzioni senza mezzi e personale, e come sono
“privatizzati” in tante regioni in modi diversi.
Siamo anche
convinte che nell’elaborazione delle iniziative di contrasto alla
violenza vadano coinvolte tutte le associazioni impegnate da decenni su
questa fenomenologia strutturale, sia a livello territoriale che
nazionale, insieme ai centri antiviolenza, anche per evitare che sotto
questo nome si presentino associazioni senza storia, attratte dai
finanziamenti e con finalità lontane da quelle del movimento delle
donne.
Possiamo e dobbiamo discutere, ma non siamo all’anno Zero
della politica delle donne e sappiamo che le lotte di un intero secolo
sono il nostro patrimonio, anche se i libri di storia le hanno ignorate e
i media le hanno spesso deformate o rimosse per cui non ci meraviglia
che anche tante donne non le conoscano.
Ma noi le difendiamo perché
sono un patrimonio a cui possiamo attingere per ricordare i cambiamenti
ottenuti con le nostre lotte, non ripetere errori e costruire intorno
alla mobilitazione dell’8 marzo e del Piano il consenso del maggior
numero di donne possibile.
Unite siamo una forza possente, una marea, divise o incapaci di ascoltarci rischiamo di essere una meteora.
Le Responsabili nazionali
Vittoria Tola e Laura Piretti
La Segreteria nazionale
Carla Cantatore Delia La Rocca Rosangela Pesenti Giulia Potenza Liviana Zagagnoni
9 febbraio 2017
Il Gruppo Salute Donna dell’UDI di Ferrara sta effettuando una ricerca per indagare l’atteggiamento delle donne nei confronti dei vaccini.
Per fare questo si invitano le donne a compilare entro il 31 marzo un questionario (rigorosamente anonimo) finalizzato a individuare le modalità con cui le donne percepiscono il rischio e prendono decisioni sulla vaccinazione.
I questionari sono due:
Per le donne che HANNO figli Questionario A a questo link
Per le donne che NON HANNO figli Questionario B a questo link
Vi ringraziamo e vi invitiamo a condividere tra i vostri contatti per incrementare il numero di risposte.
Grazie a tutte
Sabato 28 gennaio 2017 ore 9.00
presso Ristorante L'Archibugio
PARTECIPAZIONE ALLA MANIFESTAZIONE DEL 26 NOVEMBRE A ROMA
Da Ferrara partirà un pullman alle ore 7.30 di Sabato 26 Novembre
da Piazzale Conad Viale Krasnodar con possibilità di parcheggio auto gratuito.
Rientro a Ferrara in pullman a fine manifestazione.
Per info e prenotazioni: email udi@udiferrara.it o tel 0532 206233.
Costo A/R: massimo 40 euro.
NON UNA DI MENO!

LEGGI E SCARICA IL REPORT DELL'UDI DI FERRARAANTEPRIMA CALENDARIO
Sono 12 grandi temi che occupano spazi importanti dei nostri archivi perché Fin dalla nascita l’UDI ha dovuto lavorare per un Pese bisognoso di Insomma, la presentazione, le immagini, i pensieri delle ragazze e i riferimenti storici, fanno di questo calendario ancora una volta, uno strumento non solo di autofinanziamento, ma anche di impegno politico, di discussione e di confronto, in particolare con e per le giovani generazioni. In attesa, auguriamo a tutte una buona estate Vittoria Tola Comunicato stampaRicordiamo che l’UDI da sempre si è misurata con la
gestione delle leggi, e tra queste la L. 194 del 1978, una legge nazionale
che ha come linee di indirizzo la tutela sociale della maternità e
l’interruzione volontaria di gravidanza. Come movimento delle donne ci siamo misurate nella maggior parte dei casi, e anche scontrate, con le strutture sanitarie e le istituzioni per l’applicazione integrale della legge 194, in particolare nei suoi principi fondamentali: - l’aborto non è un metodo di controllo delle nascite; - per prevenirlo la pratica fondamentale è la contraccezione; - l’interruzione di gravidanza è consentita a determinate condizioni; - spetta alla donna la decisione finale. È prevista la prevenzione dell’aborto, ma mai la persuasione all’interruzione di gravidanza, perché il percorso è sobrio e mirato a garantire la salute psico-fisica della donna e i soggetti dell’accertamento sono rigorosamente strutture pubbliche. Si rileva in tal modo la volontà del legislatore di garantire alla donna una scelta libera e responsabile, al riparo da pressioni di natura ideologica o religiosa. Per questo noi come UDI abbiamo sempre sostenuto l’importanza e la necessità di far rispettare la legge, soprattutto in quella parte che riguarda la prevenzione, valutata molto importante. Noi abbiamo sempre richiesto e continueremo a richiedere la riorganizzazione e il rafforzamento dei Consultori familiari e Consultori giovani, per sviluppare ed applicare la prima parte della legge, che vuol dire portare avanti con impegno l’educazione alla sessualità e alla contraccezione. Qualche cosa è stata fatta, ma sono stati interventi sporadici ed insufficienti rispetto alla nuova realtà di vita dei giovani e delle ragazze. Occorrono interventi mirati sull’educazione sessuale e informazione sui metodi contraccettivi nei luoghi dove vivono i giovani, in primo luogo nelle scuole, per una conoscenza e un rispetto dell’altro e dell’altra, una consapevolezza e responsabilità per vivere la sfera affettiva, sessuale e riproduttiva, in modo sereno e felice. Riaffermiamo che questa legge ha contribuito in larga misura a ridurre il fenomeno della clandestinità, che ha provocato una forte mortalità fra le donne. Non solo, ma dai dati nazionali e della nostra provincia risulta che negli ultimi anni si è riscontrata una diminuzione degli aborti, in particolare fra le italiane, pur in presenza di popolazione femminile immigrata che come mostrano i dati vi ricorre più spesso. Crediamo che non debbano essere sottovalutate le gravi condizioni sociali, economiche e culturali, che a volte costringono le donne a decidere per l’aborto, proprio per le disagiate situazioni in cui si trovano sul piano individuale e familiare. Non si arriva a decidere per incoscienza e per disprezzo della vita. Non va sottovalutato infine l’elevato e crescente numero dei medici obiettori di coscienza, non sempre giustificato, che crea ulteriori difficoltà e in definitiva viola i diritti delle donne. Proprio per questo motivo l’Italia è stata oggetto di un pronunciamento del Consiglio d’Europa. UDI e Gruppo Salute Donna, 23 luglio 2014 Anche Ferrara merita la Breast-unit Il 15 luglio 2014 a Ferrara le due Aziende Sanitarie, USL e Ospedaliera Universitaria, alla presenza dei Comitati Consultivi Misti e delle Associazioni, è stato presentato il progetto per la costituzione della Breast-unit presso l’Ospedale di Cona. Tale servizio significa dar vita ad un percorso multidisciplinare per il tumore della mammella. è un primo risultato molto importante, che ha bisogno di essere realizzato in tutte le sue componenti, ed andare a regime il più presto possibile. Fin dal 2012 l’UDI, avendo avuto contatti con diverse donne operate al seno, riscontrando alcuni limiti e disfunzioni, aveva presentato alle Istituzioni e alle Aziende Sanitarie alcune riflessioni e proposte, tra queste la costituzione del percorso multidisciplinare per affiancare la donna affetta da tumore mammario nelle diverse fasi del trattamento, già attivo in altre provincie della Regione. Il tumore al seno comporta nella donna asportazioni di parte del proprio corpo, implicazioni emotive, trattamenti aggressivi e prolungati, riassestamenti relazionali, perdita di attività, lavoro e autonomia economica, impatto sulla sessualità e fertilità, cioè un cambiamento radicale della sua vita e della famiglia. Nella nostra provincia sono circa 400 le donne operate ogni anno: era stato e viene chiesto dall’UDI di dare finalmente alla patologia senologica la priorità che merita. La costituzione della breast-unit significa prendere in carico la donna, fin dal momento in cui viene diagnosticato il tumore e per tutto il percorso necessario. In questo ambito il gestore del percorso, cioè la figura di una infermiera preparata, assume una rilevante importanza, per il coordinamento con i vari specialisti, secondo le esigenze che si possano manifestare alla paziente. Dai dati comunicati dall’associazione Europa Donna Italia, viene affermato che in questi Centri dedicati alla cura del tumore al seno, dove operano in sinergia specialisti come chirurghi, psicologi, radiologi, fisiatri, le cure sono più efficaci. Il tasso di guarigione si alza del 18% rispetto alle cure che le donne possono ricevere in ospedali non organizzati. La stessa Regione Emilia Romagna, ha assunto l’impegno, in applicazione della Direttiva Europea, entro il 2016 di costituire i Centri di senologia che devono rispondere a precisi standard di qualità in tutti i Paesi membri UE. Inoltre, ricordiamo che la Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni, approvata il 27 giugno u.s. dalla nostra Regione (l’unica in Italia), nell’art. Salute e benessere femminile viene affermato che deve esserci un approccio della medicina di genere volto alla cura personalizzata, avendo al centro la persona. Nel contempo rileviamo ancora un ritardo del Ministero della Salute che doveva licenziare un Documento Nazionale sulla senologia in un incontro il 16 luglio rinviato invece a Settembre. Come gruppo salute donna UDI continueremo, assieme ad altre donne, un controllo assiduo perché ciò che sulla carta risulta un ottimo servizio, possa realizzarsi nella realtà. Abbiamo proposto alle due Aziende Sanitarie e alle Istituzioni di promuovere una campagna di informazione e sensibilizzazione a partire dalla prevenzione, alla partecipazione attiva agli screening, alla cura di qualità sul tumore al seno, con diverse iniziative tese alla difesa dei diritti delle donne nella prevenzione e cura.
Il Gruppo Salute Donna UDI Luana Vecchi 21 luglio 2014 COMUNICATO STAMPA TENTATA VIOLENZA IN STAZIONE A seguito dell'episodio accaduto in stazione a Ferrara nelle prime ore di questa mattina, tutti i giornali hanno tenuto a precisare che la vittima fosse una “donna austriaca” e, soprattutto, il carnefice fosse un “uomo rumeno”; inevitabilmente tale precisazione non ha fatto altro che attirare commenti che spaziano dal razzismo, all'apologia del fascismo, al qualunquismo di ogni genere. Viene da chiedersi, quali sarebbero stati i commenti se, a commettere la violenza, fosse stato un uomo italiano e non un uomo straniero (purtroppo, questa volta, essendo rumeno, non si è potuto giocare la carta dell' “extracomunitario”). In ogni caso, a prescindere dalla nazionalità dell'autore, di fatto qualunque tipo di commento e/o interpretazione che accompagna questa notizia si rivela completamente avulso dal problema reale, rappresentato dall'ennesimo episodio di violenza ad opera di un uomo ai danni di una donna per il solo fatto di essere tale. È quanto mai urgente che lo Stato prenda coscienza del fatto che ci troviamo in un paese dove una donna non può scegliere di prendere un treno o qualunque altro mezzo pubblico in fasce orarie notturne, ed in cui un uomo, vedendo una donna da sola, si senta legittimato ad abusare del suo corpo. E la sensazione di pericolo per se stessa, con la quale ogni donna convive sin dalla nascita, non è certo risolvibile attraverso l'incremento della vigilanza da parte delle forze di pubblica sicurezza, poiché ci sarà sempre un angolo della città, della strada, o della casa in cui lo Stato, attraverso il suo braccio, non potrà essere presente e nel quale si potrà inserire indisturbata la violenza contro una donna. L'unico modo per sradicare il problema è attraverso la costruzione e la diffusione concreta e capillare di una vera cultura del rispetto della donna, tema su cui l'UDI si batte instancabilmente sin dalla sua nascita. Certamente non è semplice, né di rapida realizzazione, ma è anche vero che la diffusione della cultura del rispetto si attua anche attraverso la semplice scelta stilistica dei termini da utilizzare per diffondere una notizia di cronaca. Si tratta solo di scegliere di iniziare ad agire per contribuire al cambiamento culturale, oppure no.
UDI-Unione donne in Italia 15 liglio 2014 UDI Ferrara e Centro Donna Giustizia hanno organizzato il 14/02/2014 a Ferrara il flash mob internazionale One Billion Rising. Guarda il nostro video OBR 14/02/2014vai a capo
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